di Emanuela Filice
Non importa quanti figli hai, se tra questi c’è un maschio, sarai sempre madre di un figlio unico.
Mie care amiche, questo è il mio mantra, per lo meno da qualche anno a questa parte, e non ha nulla a che fare con gli stereotipi che vorrebbero il figlio maschio destinatario di un amore esclusivo, assolutamente!
Quello di una madre infatti, si sa, è un amore incondizionato, inizia già al primo giorno di ritardo, quando ancora non conosci nulla di questo essere (può capitare nemmeno il padre…). È l’anello di congiunzione tra il divino e l’umano, tra il dare senza ricevere, tra il non detto e il percepito, tra l’assenza di sonno e il proprio analista.
Una volta che te lo trovi fra le braccia ‘sto ragazzino, ti c’affezioni subito, di qualsiasi colore abbia gli occhi, di qualsiasi segno zodiacale e, soprattutto, di qualsiasi sesso sia.
Le mamme di figlie femmine
Personalmente ho da sempre tifato perché prevalessero i cromosomi XX, riscontrando nel DNA femminile alcune caratteristiche rassicuranti e convincenti rispetto al meno sviluppato gene maschile.
Teoria, la mia, molto interessante e a tratti convincente, che è stata del tutto sovvertita dopo la nascita del mio ultimo figlio… MASCHIO.
Ed è per questo che, dopo un approfondito studio della materia, ho deciso di rivelarvi alcuni segreti sul figlio maschio e sulle madri dei figli maschi, e il perché i cliché su questo binomio micidiale abbiano, in realtà, delle profonde e radicate origini scientifiche.
Ma andiamo con ordine.
Intanto, per avere un approccio didascalico della questione, bisogna partire dalle mamme normali, ovvero quelle di figlie femmine.
Questo folto gruppo, di cui sono stata per anni esponente autorevole, lo riconosci subito.
È costituito da mamme smart, che non si interrogano sul dilemma “ciuccio si o ciuccio no”; che vanno avanti fiduciose anche se lo svezzamento non procede esattamente nei tempi indicati nel Grande Manuale Magico delle Mamme.
Si affidano molto al fato e anche alle voci di corridoio che vogliono le femmine, autosufficienti sin da subito, decisamente autonome e ragionevolmente responsabili, più o meno a tutte le età.
Superata quella “lallante”, poi, si entra nell’età paritaria donna-donna (intorno ai tre anni, circa), e la vita da mamma di figlia femmina diventa semplice e cadenzata da ritmi costanti, senza troppi sbattimenti. Con un’attività di eloquio soddisfacente e un appagante rispetto delle regole imposte.
L’ avvento del figlio maschio

Con l’avvento del figlio maschio, tutto è cambiato e vi spiego perché.
Intanto, il figlio maschio è portatore di delicato organo riproduttivo. Questo elemento, nel mio caso, è stato di per sé sufficiente a convertirmi subito al pannolino da farmacia, come presidio medico chirurgico. Quello imbottito di cotone proveniente direttamente dalle piantagioni sudiste, per intenderci, intarsiato da trame preziose, imbevuto di miscela magica contro gli arrossamenti e le screpolature.
Mie care mamme portatrici attive di figlio maschio, so che mi capirete quando vi dirò che la scelta del ciuccio in caucciù è stata l’unica saggia che mi sono sentita davvero libera di fare, oltre quella del cuscino anti-soffocamento e dell’abbonamento a Sky calcio (nel mio accordo matrimoniale).
Non vi nascondo, inoltre, che, mentre la mia femminuccia già nell’età prescolare iniziava a pulire e rassettare la sua cameretta, mio figlio divideva la mia.
Certo, non mi faceva piacere cullarlo h24, ma era necessario per evitare l’insorgenza di coliche violente. Il pianto di un figlio maschio, infatti, è diverso da qualunque altro essere vivente su questa terra, perché disperato, straziante, sofferente e bisognoso di cure costanti.
Esattamente come succede con l’uomo adulto quando ha 37,02 di febbre.
E questa delicatezza del maschio, si manifesta forte fin dal momento dello svezzamento.
Il suo apparato digerente, infatti, è particolarmente delicato e, pertanto, gli omogenizzati è decisamente meglio farli in casa con l’omogeneizzatore appositamente acquistato.
Non vi preoccupate, anche lui da adulto mangerà sul divano qualsiasi cibo, più o meno commestibile, che intercetterà in casa non appena rientra da lavoro, senza nemmeno lavarsi le mani.
Quando inizia a crescere poi, il figlio maschio si scopre un ottimo comunicatore, ma solo per un patologico bisogno di approvazione.
Egli, ad esempio, non fa la pipì, ma annuncia che la deve fare, la pipì. E così, in qualunque stanza tu ti trovi e qualunque cosa tu stia facendo, sarebbe il caso di mollare tutto e raggiungerlo. Esattamente come fa l’uomo quando chiede il telecomando, le chiavi di casa e qualsiasi altro bene di prima necessità che non trova subito, a portata di mano. Ma è assolutamente normale.
Consiglio, inoltre, di scolarizzare anche il figlio maschio, tenendo però sempre presenti alcuni accorgimenti.
Ho letto, ad esempio, che i maschi la mattina soffrono di pressione bassa e, quindi, è molto pericoloso svegliarli con il suono imperante della sveglia. Meglio avvicinarsi con garbo e convincerli con modi gentili. Prima o poi si alzano, ve lo assicuro! E che belli quando ci guardano e dicono “e la colazione?! Dov’è?!?!”.
Non temete, è lo stesso motivo fisiologico per cui l’uomo adulto si sveglia la mattina con invettive di varia natura, a dimostrazione della continua evoluzione emozionale del maschio.
Nonostante tutto, il figlio maschio è un vero spasso, credetemi!
Una delle cose che mi intenerisce maggiormente, è l’incapacità radicata di appaiare i calzini. E questo, già in giovane età!
Inoltre, mentre le femmine giocano in modo trasversale un po’ con tutto, a seconda delle diverse fasi della loro età, il maschio è afflitto da una patologia chiamata “sindrome monodirezionale sferica”.
C’avete mai fatto caso a come i maschi, già nella culla, guardino tutto ciò che è tondeggiante?!
Ed è proprio per questa forma di acume, che il maschio gioca a palla. E lo fa in modo naturale, addirittura senza che nessuno glielo abbia insegnato! Ancor prima di imparare a camminare, rincorre la palla e non smette più, mai più!
La verità, mie care amiche, che non è da tutte crescere un figlio maschio.
Un figlio maschio è un atto di fede, è una missione che si porta avanti contravvenendo a tutte le più ovvie indicazioni sulla morale educativa. È una violazione costante dei principi sulle pari opportunità e sull’uguaglianza di genere.
E noi, mamme di figli maschi, restiamo lì ad osservarli da una prospettiva privilegiata, ancorate alla legittima convinzione di crescere un individuo che trascende la normalità, un semi divino che si aggira per casa lanciando indumenti sudati, che noi odoriamo nel gesto di raccoglierli.
Ma soprattutto, noi mamme di figli maschi, siamo donne coraggiose, perchè viviamo con la consapevolezza che un giorno, ‘ste meraviglie, ci lasceranno per essere curati da altre donne. Capite?!
Ebbene sì, questi primi anni da mamma di figlio maschio, mi stanno insegnando tantissime cose e, più di tutto, ho davvero capito perché i maschi, alla fine ce li sposiamo pure.
Non solo per l’onore di poter perpetrare il lavoro che le loro mamme hanno fatto, ma credo, più semplicemente, per avere l’occasione – senza alcun senso di colpa o afflizione, (e dopo qualche tempo a racimolare calzini spaiati in giro per casa) – di poterli, prima o poi, scaraventare definitivamente fuori dal nostro letto. Almeno loro!
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